Gli anni dell'asso Abbadie
Nessuno volle assumersi la responsabilità della presidenza e così si continuò con un nuovo comitato del quale faceva parte ancora Ugo Valperga. L'ex presidente caldeggiò l'acquisto dell'anziano centrocampista Gunnar Gren, membro insieme con Nordhal e Lidholm del celebre trio "Gre-No-Li" , artefice dei grandi successi del Milan. Gren, soprannominato "il professore" per il suo aspetto compassato ma anche per le deliziose geometrie che riusciva ad esprimere sul terreno di gioco, risultò decisivo - nonostante i suoi 35 anni - per l'economia della sua nuova squadra, insieme con i già collaudati Larsen, Frizzi (14 goal in quel campionato), Carapellese (11 goal), Becattini, Carlini, Cardoni ed il portiere Gandolfi. I Rossoblù - guidati dal nuovo allenatore Renzo Magli - formarono un team piuttosto solido e pressoché imbattibile in casa, ma piuttosto vulnerabile in trasferta. A Marassi dovettero soccombere formazioni di vaglia del calibro del Milan (3-1) e dell'Internazionale: la straordinaria rimonta dei Grifoni sotto di 3 reti a una al 17' della ripresa con relativa vittoria per 4 a 3 ottenuta a due minuti dalla fine con due goal di Frizzi e uno di Carapellese, fece passare ai supporter rossoblù un indimenticabile Santo Stefano.
Anche la Sampdoria perse il derby di andata (ufficialmente in casa del Genoa) grazie a due reti (a una) siglate dal centrattacco brasiliano Di Pietro (una segnata addirittura con un colpo di tacco). Furono questi i due soli centri dell'attaccante sudamericano in quell'unico campionato italiano di cui disputò solamente otto incontri (soprattutto per motivi di salute); segnò tuttavia il goal vincente anche in un derby del campionato riserve. Il Genoa riuscì a mantenere la propria imbattibilità casalinga anche nell'ultima partita (si piazzerà al decimo posto in coabitazione con Spal, Torino, Juventus e Vicenza) contro una Fiorentina già Campione d'Italia che voleva invece concludere in bellezza quel torneo con lo zero nella casella delle sconfitte. La vittoria o anche solo il pareggio dei Viola avrebbero permesso alla squadra di Julinho e Montuori di eguagliare il record che apparteneva al Genoa nel campionato 1922-23. Ad un quarto d'ora dalla fine la Fiorentina è in vantaggio sui Rossoblù per uno a zero (rete di Gratton): per i Viola sembra fatta.
Ma al 31° Gren pareggia su calcio di rigore e nel giro di pochi minuti Frizzi prima e Carapellese poi fissano il risultato sul 3 a 1 tra le ovazioni della folla e l'entusiasmo dei veterani degli anni venti (De Prà, De Vecchi, Burlando, ecc.) accorsi in tribuna a difendere con l'incitamento dei bei tempi il proprio primato. Nell'estate del 1956 viene acquistato (grazie all'intervento di Arnaldo Piaggio che si espone finanziariamente in prima persona) il terzo grandissimo fuoriclasse sudamericano del dopoguerra dopo Verdeal e Boyé: è il ventiseienne uruguagio Giulio Cesare Abbadie, attaccante oriundo francese del Penarol, messosi in mostra con la sua nazionale nei campionati mondiali in Svizzera nel 1954. Le sue doti (classe immensa, palleggio straordinario, passo felpato - che gli valse il soprannome di "El Pardo" - finte micidiali, dribbling inesorabile, passaggi millimetrici, gran fiuto del goal) vennero subito a galla sin dalle prime partite.
Per far posto all'asso uruguagio furono ceduti sia Gren che Larsen (quell'anno la Federazione aveva permesso l'ingaggio di un solo straniero) mentre si registrò il ritorno di Dalmonte (dopo un anno al Milan) e l'arrivo dei mediani Robotti e Viciani. La squadra - nonostante l'arrivo di Abbadie - si era indebolita e ben presto cominciò ad intravedersi lo spettro della serie B (benché fossero previste due sole retrocessioni). La salvezza arrivò all'ultima giornata con la vittoria sul Napoli (1-0) al Ferraris: una magra soddisfazione in un'annata in cui vi fu - a parte le straordinarie giocate di Abbadie, una sorta di predicatore nel deserto - un solo acuto, a spese del Bologna che il 28 aprile a Marassi subì una sonora cinquina (a due). Anche il campionato successivo non fu prodigo di soddisfazioni per i tifosi rossoblù. Pochi gli acquisti fra cui spiccano le ali Frignani e Barison (che sostituì l'anziano Carapellese) e l'oriundo Leopardi (sponsorizzato da Abbadie) prelevato dal Naçional di Montevideo, ma di classe e di resa notevolmente inferiore al suo connazionale.
Dopo un avvio a dir poco disastroso, la risalita ebbe inizio nel giorno dei Santi (recupero del derby del 20 ottobre sospeso dopo pochi minuti per impraticabilità del campo): Abbadie in giornata di grazia sciorinò tutto il suo repertorio e praticamente da solo (come scrisse qualche giornale il giorno dopo) mise KO la Sampdoria. Per Firotto, Corso e Leoni fu fin troppo facile trasformare in goal gli invitanti passaggi del "Pardo", che annullarono il temporaneo vantaggio sampdoriano siglato da Firmani. Nel febbraio viene esonerato Renzo Magli e sostituito con l'ex interista degli anni trenta Annibale Frossi. I benefici apportati dal nuovo trainer cominciano a vedersi nell'incontro casalingo contro la Roma (4-2, con doppietta di Abbadie) e soprattutto nelle ultime due partite, il 18 maggio a Marassi contro la Lazio surclassata con un perentorio 5 a 2, e la domenica successiva quando il Milan viene travolto in casa propria grazie a due reti del solito Abbadie e una tripletta di Barison (di Fontana su rigore il goal della bandiera rossonera). Questi due exploit finali permisero al Genoa di mettersi al riparo da ogni pericolo e posizionarsi al dodicesimo posto insieme ad altre quattro squadre ma solo a due punti dalle retrocedenti Atalanta e Verona.
Se l'attacco con le sue 53 reti non aveva demeritato (Abbadie fu il capocannoniere rossoblù con 13 centri seguito da Barison a quota 11), la difesa aveva dimostrato una preoccupante perforabilità (60 i goal subiti). Il nuovo presidente Fausto Gadolla (da un anno appena nel consiglio) cercò di porre rimedio a questa lacuna acquistando gli ex nazionali Ghezzi (portiere dell'Inter noto come "kamikaze" per le sue spericolate uscite) e Magnini (terzino della Fiorentina). Arrivarono pure la mezzala Pantaleoni dall'Udinese e il centravanti Maccacaro. Il Genoa disputò un campionato sostanzialmente tranquillo ma anche con pochi episodi degni di nota se si eccettua una vittoria sull'Inter a Marassi alla terza giornata: i Rossoblù pareggiarono i due vantaggi messi a segno da Angelillo per poi fissare definitivamente il risultato sul 4 a 2. E con lo stesso punteggio si verificò un altro successo contro la Lazio da un paio d'anni abbonata a sonore debacle sul terreno di via del Piano, mentre la Spal venne travolta a domicilio nella penultima di campionato per 5 reti a una dopo aver concluso il primo tempo in vantaggio.
L'incontro finale con la Juventus al Comunale ha lo stesso andamento della partita con l'Inter al Ferraris, solo che questa volta sono i Bianconeri ad avere la meglio e a segnare 4 reti prima che Abbadie sancisca con il suo goal il definitivo 4 a 3 per i padroni di casa. Quell'anno non c'erano state soverchie difficoltà per raggiungere una più che tranquilla salvezza (undicesimo posto con Bari e Lazio), ma i problemi della difesa non erano stati risolti tanto che i goal entrati nella porta di Ghezzi erano due in più della stagione precedente. E proprio mentre si faceva sempre più pressante la necessità di rinforzi (e non soltanto nel reparto difensivo ma anche all'attacco onde reperire una valida spalla a Barison autore di 14 reti nel torneo appena concluso) il presidente Gadolla manifestò invece serie intenzioni di dimettersi. Alla fine venne convinto a rimanere ma condusse una campagna acquisti a dir poco deficitaria: arrivò un oriundo - l'argentino Calvanese - che si sarebbe rivelato sin dalle prime partite un fallimento, e poi Piqué e Pistorello (due carneadi) i quali andarono ad affiancare gli unici elementi validi e cioè Barison, Pantaleoni, Carlini e il veterano Becattini.
Anche perché in estate Abbadie in vacanza in Uruguay ebbe una ricaduta di una forma di pleurite che lo aveva costretto a disertare praticamente tutto il girone d'andata del campionato precedente e i cui postumi si portò dietro per tutta la stagione con gravi conseguenze sul suo rendimento. L'unico ingaggio degno di questo nome fu quello del portiere della Nazionale Lorenzo Buffon arrivato dal Milan in cambio di Ghezzi e milioni. Alla guida della squadra furono scelti Antonio Busini in qualità di direttore tecnico e Gipo Poggi in veste di allenatore. Quest'ultimo detiene un ben originale primato: infatti come giocatore vestì le casacche di tutte le principali squadre cittadine (Genoa, Sampierdarenese, Andrea Doria e Sampdoria) e fu anche responsabile tecnico sia dei Rossoblù che dei Blucerchiati. Dopo poche giornate Busini venne allontanato dando il via ad un'ennesima girandola di trainer: Poggi da solo al comando, poi Jesse Carver, quindi fu richiamato Annibale Frossi insieme a Gipo Poggi, mentre il campionato stava trasformandosi in una vera e propria Via Crucis. L'inevitabile retrocessione (la terza) giunse nella maniera più deprimente visto che anche il presidente Gadolla aveva abbandonato la barca prima della fine del campionato Uno dei pochi successi di quell'anno fu la vittoria contro l'Alessandria a Marassi il 20 dicembre del 1959. Quell'incontro (risolto con una rete di Abbadie ad un quarto d'ora dal termine) ha una sua importanza quanto meno dal punto di vista statistico.
Vi assistette il campionissimo Fausto Coppi (non sporadiche le sue apparizioni al Luigi Ferraris per presenziare alle prestazioni di entrambe le squadre genovesi): fu l'ultima partita della sua vita perché tredici giorni più tardi sarebbe stato stroncato da una grave forma di malaria non diagnosticata. Per uno strano gioco del destino quel pomeriggio vi fu in un certo senso il passaggio di un ipotetico testimone della gloria sportiva tra il grandissimo campione del ciclismo alla fine della carriera e un giovanissimo fuoriclasse del gioco del football che di lì a qualche anno avrebbe sfondato definitivamente (con la maglia del Milan) nel mondo del calcio. Entrambi piemontesi, nati a pochi chilometri l'uno dall'altro - Castellania e Alessandria sono ad un tiro di schioppo - quel giorno Coppi e l'allora sconosciuta mezzala dei "Grigi" Gianni Rivera, seppur inconsapevolmente, avevano sancito un ideale scambio di consegne. Ma i guai per il Genoa non si erano limitati alla sola retrocessione già di per sé sconsolante. La Società era stata accusata dalla Commissione Disciplinare della Federazione di illecito sportivo (tentata corruzione dei calciatori dell'Atalanta) e per questo condannata a 10 punti di penalizzazione da scontarsi nel campionato successivo di serie B. Questo avrebbe compromesso irrimediabilmente un pronto ritorno nella massima serie anche se il nuovo comitato di dirigenza (composto da Aldo Dapelo, Astor Norrish, Giampiero Mondini e i già noti Piaggio e Valperga) riuscirà in ottobre a far ridurre i punti al passivo da dieci a sette. Un brodino, ma tutto sommato meglio che niente.