La Supercoppa fino al fallimento
La stagione 1990-1991 cominciò con la vittoria nella Supercoppa italiana, ottenuta battendo la Juventus di Maifredi per 5-1.Il campionato, invece, cominciò male con un solo punto ottenuto nelle prime tre partite. L'inizio in Coppa dei Campioni sembrò favorevole al Napoli, che ottenne una convincente doppia vittoria sugli ungheresi dello Újpesti Dózsa, squadra che aveva già incontrato nella Coppa delle Coppe del 1963, quando si chiamava Újpesti TE. Al secondo turno però gli azzurri vennero eliminati dallo Spartak Mosca ai rigori, dopo un doppio 0-0. La crisi continuò per tutto l'anno, e il Napoli chiuse la stagione con un modesto settimo posto.
Si chiuse così il primo importante ciclo del Napoli, in coincidenza con il declino di Maradona a seguito delle vicende personali che lo costrinsero a lasciare Napoli e l'Italia in modo amaro. Dal 1991, dopo che il fuoriclasse argentino lasciò Napoli, la squadra si avviò verso un lento ma costante declino.
Ranieri venne confermato. La campagna acquisti portò in azzurro giocatori come Daniel Fonseca e Roberto Policano.
In Coppa UEFA il Napoli superò il primo turno, con un 5-1 esterno contro il Valencia con Fonseca autore di tutti e cinque gol dei partenopei. Il Paris Saint Germain eliminò però gli azzurri nel turno successivo, grazie ad una doppietta di George Weah nell'andata a Fuorigrotta. In campionato la squadra andò in crisi e dopo un 1-5 contro il Milan Ranieri venne esonerato. Al suo posto ritornò Ottavio Bianchi, che non poté far altro che condurre la squadra ad una tranquilla salvezza.
La squadra venne quindi svecchiata e subì molti cambiamenti: Bianchi diventò General Manager e scelse come tecnico Marcello Lippi. Pilastri della squadra come Careca e Gianfranco Zola lasciarono la squadra mentre molti giovani promettenti, come Fabio Cannavaro e Fabio Pecchia, divennero protagonisti. Dopo un primo periodo di crisi, Lippi decide di puntare tutto sulle forze fresche e la stagione 1993-1994 finì con un buon sesto posto e la soddisfazione di aver sconfitto il Milan, prossimo a laurearsi campione d'Italia e d'Europa, grazie ad una rete di Paolo Di Canio che realizzò anche il gol all'ultima giornata che valse la qualificazione alla Coppa UEFA.
Lippi a fine stagione lasciò il Napoli con destinazione Juventus, e con lui anche Ciro Ferrara, bandiera e capitano del Napoli. Al posto dell'allenatore viareggino arriva Vincenzo Guerini e il Napoli in campo si affidò ad André Cruz, Alain Boghossian e all'ex numero dieci del Torino Benny Carbone, arrivato via Roma con Grossi e ben 18 miliardi, nell'affare che portò in terra capitolina Daniel Fonseca. Ma la stagione cominciò male: Guerini venne licenziato dopo un 5-1 subito contro la Lazio ed al suo posto arrivò Vujadin Boškov. L'eccentrico allenatore slavo portò i partenopei al settimo posto, sfiorando la qualificazione alla Coppa UEFA.
A partire dal 1995 con la cessione di giocatori come Benito Carbone (all'Inter) e di Fabio Cannavaro (al Parma), iniziò il declino. La retrocessione venne sfiorata e il Napoli si salvò solo alla terz'ultima giornata, vincendo contro la Sampdoria 1-0, grazie ad un rigore nei minuti finali di Arturo Di Napoli. Boškov lascia la squadra a fine anno.
Nella stagione 1996-1997, la formazione azzurra allenata da Gigi Simoni fu la rivelazione della prima parte del campionato: alla sosta natalizia era al secondo posto a pari merito con il Vicenza e dietro alla Juventus; nel girone di ritorno, tuttavia, la squadra crollò (3 vittorie in 17 gare) e, dopo l'esonero di Simoni sostituito da Vincenzo Montefusco, allenatore della Primavera, arrivò solo dodicesima. Notevole fu il cammino in Coppa Italia.
Eliminati il Monza, il Pescara (entrambe per 0-1), la Lazio (1-0 ed 1-1) nei quarti e l'Inter (doppio 1-1 e vittoria ai rigori) in semifinale, il Napoli arrivò in finale contro il Vicenza. Nell'andata al San Paolo gli azzurri si imposero per 1-0 con rete di Fabio Pecchia, ma la gara di ritorno al Romeo Menti di Vicenza terminò 1-0 per i veneti dopo i 90 minuti regolamentari e, nei tempi supplementari, complice l'espulsione di Nicola Caccia, i biancorossi realizzarono altri due gol negli ultimi tre minuti che gli valsero il trofeo e l'accesso alla Coppa delle Coppe 1997-1998.
Nonostante l'acquisto di giocatori come Claudio Bellucci e Igor Protti (capocannoniere della Serie A 1995-1996), nella stagione 1997-1998 la crisi degli anni precedenti arrivò al culmine. Durante l'anno si succedettero sulla panchina del Napoli ben quattro allenatori (nell'ordine: Mutti, Mazzone, Galeone, Montefusco) e tre direttori tecnici (nell'ordine: Ottavio Bianchi, Salvatore Bagni e Antonio Juliano), e in campo ben quaranta calciatori (fra cui l'ormai anziano Giuseppe Giannini, Reynald Pedros, Aljoša Asanović, William Prunier, José Luis Calderón, Massimiliano Allegri), ma nessuno di loro riuscì a evitare la débâcle azzurra: con un bottino di soli quattordici punti - peggior prestazione di sempre in Serie A - il Napoli retrocedette in Serie B dopo 33 anni consecutivi di permanenza nella massima serie.
Il primo anno in cadetteria fu mediocre; la squadra allenata da Renzo Ulivieri annoverava nell'organico giocatori "blasonati" ma sul viale del tramonto come Igor Shalimov e Roberto Murgita e non riuscì mai ad inserirsi nella lotta per la promozione. A gennaio arrivò l'attaccante Stefan Schwoch, ma la stagione era ormai compromessa e il Napoli chiuse il torneo a metà classifica. Il ritorno in A avvenne solo l'anno dopo, stagione 1999-2000, grazie all'oculata gestione del nuovo allenatore Novellino e alle ottime prestazioni di Stefan Schwoch, che con 22 reti realizzate eguagliò il record di gol messi a segno in una singola stagione con la maglia azzurra, detenuto fino a quel momento da Antonio Vojak.
Quell'anno il Napoli aveva nel proprio organico elementi di sicuro avvenire, come Massimo Oddo, Matuzalem, Roberto Stellone e Luciano Galletti. Il 7 luglio 2000 entrò in società l'imprenditore romagnolo Giorgio Corbelli, che affiancò Ferlaino alla guida del club ricoprendo la carica di presidente. Nonostante i meriti e l'affetto dei tifosi, i due protagonisti del ritorno in A (Novellino e Schwoch) non ottennero la riconferma: il tecnico passò al Piacenza, mentre l'attaccante venne ceduto al Torino. Il Napoli si affidò al tecnico boemo Zdeněk Zeman, esonerato dopo sei partite e sostituito con Emiliano Mondonico. Nonostante alcune prestigiose vittorie (6-2 alla Reggina, 2-1 in casa dei campioni d'Italia in carica della Lazio e l'1-0 all'Inter) e la presenza in squadra di calciatori come Edmundo, Amauri (arrivati entrambi nel mercato di gennaio), Matuzalem, Marek Jankulovski, Nicola Amoruso e Claudio Bellucci, il Napoli non riuscì ad evitare l'immediato ritorno in serie cadetta.
Nel campionato successivo di serie B arrivò come allenatore Luigi De Canio. La squadra era competitiva e fra le favorite per la promozione: lottò fino all'ultima giornata per ritornare in Serie A, riuscendo a risalire dai bassifondi della classifica fino ai primi posti, inanellando una serie lunghissima di risultati utili consecutivi; ma nella partita decisiva, in casa contro la Reggina, ottenne solo un pareggio (1-1): la stagione finì col Napoli quinto, con la massima serie soltanto sfiorata. Il 22 giugno 2002 Giorgio Corbelli cedette le sue quote societarie all'industriale alberghiero Salvatore Naldi, che affidò la squadra all'allenatore Franco Colomba. Il mediocre rendimento della squadra, che si ritrovò anche al penultimo posto in classifica, portò all'esonero del tecnico e all'ingaggio di Franco Scoglio, che lasciò l'incarico di CT della Libia. La squadra risalì timidamente la classifica, ma poi andò di nuovo in crisi ed in panchina venne richiamato Colomba, che riuscì nell'intento di salvare la squadra da una clamorosa retrocessione in C1 solo all'ultima giornata con un pareggio a Messina.
Nella stagione 2003-2004 le difficoltà finanziarie impedirono l'adeguato potenziamento della squadra: l'allenatore Andrea Agostinelli venne esonerato in corso d'opera per far posto al rientrante Luigi Simoni, ma il risultato fu un mediocre quattordicesimo posto. Alla crisi di risultati si aggiunse l'ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell'estate del 2004 al fallimento del club ed alla conseguente perdita del titolo sportivo. Dopo gli ultimi mesi di vita passati tra amministrazioni controllate e ricapitalizzazioni, molti sono gli imprenditori che, senza successo, provano a riportare il calcio a Napoli.
Nel mese di agosto è però l'imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis a rilevare il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrivere la squadra, con la denominazione Napoli Soccer, al campionato di Serie C1. Nel ruolo di Direttore Generale della neonata società venne scelto Pierpaolo Marino, già dirigente azzurro nella seconda metà degli anni Ottanta.