Modello Udinese
In una intervista rilasciata a Italia Oggi, Giampaolo Pozzo il presidente dell'Udinese, oltre che del Granada e del Watford ha parlato del modello di squadra di calcio che ha saputo creare.
Presidente Pozzo, come funziona il modello Udinese dal punto di vista imprenditoriale?
Una società di calcio funziona come una normale azienda. Bisogna semplicemente dare sempre uno sguardo al conto economico, che deve essere perfettamente bilanciato e in attivo. È necessario quindi avere delle regole precise sul tetto degli ingaggi, facendo in modo che le entrate siano sempre più alte, anche lievemente, delle uscite.
D'altra parte, negli anni, all'interno del sistema calcio c'è stata una evoluzione dei controlli.
Anche l'Uefa, con il fair play finanziario, impone determinate norme che permettono oggi al sistema di andare avanti. Noi, gioco forza, abbiamo dovuto applicare questi principi con largo anticipo, dato che disponiamo delle risorse di una società piccola che, se vuole andare avanti, deve guardare i conti. Poi, come tutte le aziende, bisogna sviluppare il prodotto: quindi cercare di avere buoni giocatori e vincere le partire.
Guardando appunto al prodotto, come si costruisce una squadra di vertice vendendo campioni e non comprandone?
Abbiamo altre esigenze rispetto alle grandi squadre, perché siamo legati a un tipo di mercato povero e non possiamo permetterci di fare grandi operazioni. Abbiamo ricavi per 40 milioni, non per 200. Altri possono prendere giocatori già formati e affermati, mentre noi siamo costretti a cercare calciatori alle prime armi, investire laddove pensiamo che abbiano un futuro e formarli all'interno. Nessuna squadra, infatti, ti addestra un giocatore per poi riconsegnartelo campione. Anche per questo,abbiamo altre società satellite che fanno questo tipo di lavoro, dove possiamo mandare i giocatori a maturare per poi costruire squadre competitive, restare in serie A e disporre anche di quelle risorse minime per poter fare del buon calcio. Se non fai così,in Italia e anche nel resto del mondo, scompari. Basti ricordare le tante società gloriose di un tempo che erano in serie A e vincevano e oggi non si sa neanche più se esistono.
E il presidente-imprenditore come deve investire e come costruisce il gruppo di lavoro?
Bisogna fare quello che si fa in tutte le attività commerciali, cambia solo il soggetto, che è il giocatore, legato a un'infinità di variabili. Dal punto di vista imprenditoriale, infatti, se produco oggetti meccanici so che basta scegliere una buona macchina per fare un buon investimento. Per un calciatore non è così. Posso anche scegliere un buon giocatore ma poi sul suo rendimento influiscono mille variabili, dall'ambiente, alla salute e via dicendo. Perciò, come in ogni gruppo di lavoro, è necessario che ci siano dei bravi dirigenti, e noi si può dire che li abbiamo. Anche perché personalmente non mi dedico direttamente al calcio, quindi sono proprio i dirigenti a svolgere questo tipo di attività quotidiana e ad aver sviluppato questo modello.
Come giudica il sistema calcio in Italia? È un'impresa dove conviene ancora investire?
In Italia il sistema calcio è un'impresa che tira ancora rispetto ad altre attività. All'interno del settore sport è la prima disciplina, e ci sono anche le risorse economiche sufficienti per poter fare del buon calcio .I presidenti delle società , invece, devono migliorarsi. Ma anche da questo punto di vista, a livello internazionale, ci sono realtà peggiori.
A proposito, qual è la sua esperienza sul calcio spagnolo, che rappresenta il non plus ultra in questo momento?
In Spagna mancano le regole e non ci sono controlli. Molte società falliscono e nonostante questo continuano a giocare. In Italia ora ci sono regole rigorose, le società che non le rispettano vengono penalizzate in classifica. In Spagna, nel settore calcio, tra un imprenditore serio e uno che non guarda i numeri è quello serio a non andare lontano. Ma poi, a un certo punto, è logico che il sistema morirà da sé. In apparenza la Spagna è il paese calcio per eccellenza, campione del mondo e d'Europa, ma a ben vedere ci sono due o tre società san ee il resto è un disastro.
Quindi è meglio l'Italia?
In Italia siamo molto più avanti ma comunque non basta. Va bene il doping finanziario, ma sarà necessario più equilibrio, meno disuguaglianza nei ricavi tra grandi e piccole squadre. Così, si rende anche il calcio più bello. Se infatti facessimo come in Spagna, dove ci sono due squadre sopra tutte e le altre giocano un altro campionato a 30 punti di distacco, che divertimento ci sarebbe? In Italia il calcio ha un grande futuro perché ci sono le risorse. Bisogna solo migliorare sul piano della gestione collettiva
E l'Inghilterra,invece, dove ha comprato il Watford? Cosa pensa del oro sistema calcio e quali gli obiettivi del suo investimento?
In Inghilterra so che gli incassi sono molto maggiori. Ora è ancora presto per dare valutazioni, certe cose bisogna viverle in prima persona.Quello che mi risulta è che il calcio è molto più organizzato sul piano del marketing e questo aiuta molto. Si parte insomma da buone basi, poi dipenderà dalla nostra capacità di sviluppare una buona gestione. L'obiettivo è andare in Premier il prima possibile.
Più in generale, qual è la strategia imprenditoriale alla base del possedere più squadre in paesi diversi? Quali i vantaggi?
In Inghilterra abbiamo trovato una società storica in difficoltà dove a mio parere si può fare del buon calcio. Questo investimento è comunque legato allo sviluppo di strategie sinergiche, che rientra nella nostra politica di competitività. Per mantenere e sviluppare la competitività di un piccolo gruppo di squadre la chiave infatti è il sostegno reciproco. Molto semplicemente, l'unione fa la forza.