English German Russian Spanish

Il calcio è in fuorigioco

guardalineeLa sconfitta dell'Italia nella finale degli Europei di calcio è una ferita all'orgoglio nazionale destinata a rimarginarsi in breve tempo. Più difficile sarà evitare il deragliamento di un mondo, quello del pallone, che sembra aver smarrito il senso della realtà. Non è solo questione di calcio scommesse o di bilanci più o meno taroccati: tutto sommato questi fenomeni ci sono sempre stati. Il problema è che il calcio italiano (ma nel resto d'Europa le cose non cambiano di molto) non riesce più a sostenere le spese folli alle quali si è assuefatto. Gli ultimi dati disponibili, relativi alla stagione 2010-2011, segnalano infatti un valore complessivo della produzione che nel mondo del pallone è pari a 2,5 miliardi di euro, contro costi complessivi di quasi 3 miliardi. Una perdita secca di quasi mezzo miliardo l'anno, con società di serie A indebitate per 12,6 mld (+14% rispetto alla stagione precedente). Con ricavi in calo del 10% e costi invariati. Oltretutto, in alcuni casi i costi relativi agli stipendi sono superiori alle entrate complessive delle squadre di serie A.

Come caso emblematico, pubblichiamo la busta paga di un calciatore di soli 19 anni di un grande club italiano: appena arrivato in prima squadra guadagna 500 mila euro l'anno.

Ma anche gli spettatori sono in calo: del 4,4%. Quest'ultimo è forse il dato più allarmante, perché se è vero che la vendita dei biglietti fornisce solo il 10% delle entrate è anche vero che il calo degli spettatori non può non ripercuotersi sugli altri ricavi, in particolare quelli da sponsorizzazioni e pubblicità. Inoltre l'altra grande fonte di finanziamento, i diritti televisivi, che generano la metà delle entrate delle squadre più importanti, è destinata a inaridirsi in modo ancora più veloce. Visto l'andamento degli abbonamenti a Sky, infatti, è praticamente certo che al rinnovo degli attuali contratti per la cessione dei diritti televisivi, le squadre del campionato italiano dovranno accettare un taglio dei compensi tra il 30 e il 50%.

Sembra finita anche l'epoca del presidente-Paperone, quello che non badava a spese pur di far vincere la propria squadra. La crisi economica ha spazzato via gli utili aziendali con tanti zero, che consentivano di largheggiare con magnanimità. C'è rimasto solo qualche emiro, ma non in Italia.

In realtà la situazione è drammatica in tutta Europa, dove a fronte di ricavi per 18 miliardi si registrano perdite per 1,6 mld (perdite aumentate di 8 volte in 5 anni). In Spagna, per esempio, dove ci sono solo due veri squadroni, il Real e il Barcellona (il terzo in classifica nel campionato spagnolo ha 30 punti di distacco dalle prime due), la crisi delle banche costringerà presto i presidenti a vendere i gioielli per non dichiarare il fallimento. Non servirà a molto la vittoria agli Europei. Anche qui il destino di un mondo che ha vissuto ormai per troppo tempo sopra le righe è ormai segnato. Bisognerà imparare di nuovo a misurarsi con il senso della realtà.

Da Italia Oggi del 9 luglio 2012 a firma di Marino Longoni.